23 giu 2022
Commento per La Repubblica, di Valentina Perniciaro, sul "questionario della vergogna", ricevuto dalle famiglie ad alta intensità assistenziale del Comune di Roma.
Difficile dire se c’è più rabbia o sconforto nel compilare il questionario che il Comune di Roma, municipio dopo municipio, porge obbligatoriamente ai caregiver per permettergli di continuare a ricevere l’”assegno di cura o il contributo al caregiver per la disabilità gravissima”.
Con i nuovi criteri stabiliti, l’assegno non sarà più di 700euro mensili ma oscillerà tra i 400 e i 700: da questo momento verrà preso in considerazione l’lSEE e gli altri servizi socio assistenziali già attivi sulla persona o sul nucleo familiare. Si toglie, invece che aggiungere: si stabiliscono criteri che dimezzeranno gli assegni a chi già li riceve da anni, malgrado la costante saltuarietà dell’erogazione.
Ma c’è di più.
Ci chiedono per la prima volta come stiamo.
Ci chiedono qual è il carico psicologico, fisico e sociale che abbiamo sulle spalle. Ce lo chiedono dopo mesi, anni, a volte decenni in cui nessuno si è preso mai la briga di chiederci nulla, di prendersi carico dei nostri figli, della loro assistenza domiciliare, del loro diritto ad essere integrati nella società, del diritto dei loro caregiver di essere riconosciuti come persone, come cittadini e quindi sostenuti, accompagnati, tutelati, alleggeriti.
Vogliono sapere come stiamo e ce lo chiedono con parole dure e schiette, quasi oscene: ci domandano se abbiamo vergogna dei nostri figli, se abbiamo la sensazione che la cura che richiedono ci stia facendo buttare la vita, il tempo, le prospettive di futuro.
Gli stessi che ci rispondono sempre che ci son problemi di budget quando chiediamo ore di assistenza che permetta ai nostri figli di andare a scuola, e a noi di tornare a lavorare, o magari anche solo riposare la notte, ci chiedono se dormiamo bene, se dormiamo a sufficienza.
Se assistere giorno e notte una persona sempre più dipendente, sempre più pesante, sempre più scollata dalla società e abbandonata alle sole cure del caregiver ci ha reso più fragili: stanno realmente bussando alle nostre porte chiedendoci se abbiamo risentimento verso i nostri figli invece che verso di loro, verso dei servizi sociali che ci considerano numeri da sfoltire, spese da snellire.
Chissà se chi ha scritto quelle domande ha mai vissuto un minuto da caregiver,
chissà se chi ci pone quelle domande si è mai immaginato persona con disabilità, si è mai immaginato fragile, necessitante di cure e assistenza ma comunque persona. Persona con il suo diritto alla vita, alla dignità, alla felicità.
Ci chiedono se abbiamo vergogna dei nostri figli, quando la vergogna la proviamo ogni giorno nel rapportarci con uno Stato che non sa vedere i bisogni, non sa personalizzare la risposta, non sa sostenere psicologicamente ed economicamente.
La vergogna la proviamo quando siamo costretti a compilare dei moduli che andrebbero solo stracciati.