21 feb 2024
Il 20 febbraio, all'interno del progetto "I fiori di Gutenberg" che la casa editrice Momo Edizioni sta portando avanti nella scuola Raimondi di Tor Marancia, abbiamo incontrato diverse classi di IV e V elementare, per parlare di inclusione, corpi sbilenchi e desideri di felicità.
"Anche io quando ero piccolo non sapevo ascoltare, ma poi piano piano ho imparato e tra poco mi verrà sospesa anche la medicina che mi ha aiutato a farlo": ci lascia ammutoliti M. quando inizia a parlare, senza guardare nessun interlocutore, del suo rapporto con l'autismo, che è una delle sue peculiarità, una delle sue caratteristiche.
Lascia ammutolite soprattutto le maestre, che mai lo avevano sentito parlare della sua condizione, del suo rapporto con essa, del suo percorso in questi pochi anni di vita vissuta: è la prima volta che M. parla così, spontaeamente, e per farlo ha scelto un'aula con diverse classi, con persone sconosciute.
Ha scelto una giornata particolare, in cui la sua classe è coinvolta insieme ad alcune altre, in un incontro in cui si parla di disabilità in un modo che non mette paura, in un modo che non fa pensare subito alla sofferenza, in un modo che permette ai bambini di non sentirsi a disagio.
Né con loro stessi, tantomeno con le diversità che vengono raccontate, le stesse che magari hanno osservato da lontano, senza il coraggio di chiedere, o senza ricevere risposte.
Tante le mani alzate, che interrompevano il flusso di parole per trasformarlo in un percorso di trasformazione collettiva, intergenerazionale, che ha chiarito ad ognuno dei presenti quanto sia possibile costruire una società realmente incapace a escludere, proiettata verso la libertà di ciascuno e non la segregazione, o l'istituzionalizzazione.
Raccontare i Tetrabondi e i loro progetti a bambini e maestre, ci ha permesso di scoprire ancora parole nuove per abbattere gli stereotipi, ancora nuove immediate complicità, e ha dato ai bambini e alle bambini presenti di aprirsi ai racconti, alle domande immaginate sempre proibite, ai sorrisi che non solo non si annientano quando si parla di vulnerabilità ma diventano complicità, empatia, cura collettiva.
Grazie ai bambini e alle bambine di Tor Marancia,
alla società inclusiva che sicuramente costruiranno.
E grazie a M. che come nessun altro al mondo ci ha insegnato come si impara ad ascoltare.